Parlare in pubblico con autenticità: guida creativa e audace

Se anche tu pensi che parlare in pubblico significhi solo non sudare, non tremare e non impappinarsi, è ora di capovolgere la prospettiva. Parlare in pubblico non è performance, è identità. Non è saper parlare bene, ma saper abitare la propria voce. È quel momento in cui la tua voce e la tua visione si allineano, e diventano di ispirazione.

Questo articolo è per chi vuole allenare la propria autenticità comunicativa, per chi vuole lavorare sulla propria leadership, e per chi sente che la voce, anche nella vita professionale, è un atto di posizionamento.

Oltre il palco: perché parlare in pubblico è un atto di identità

Parlare in pubblico non è solo trasmettere informazioni. È uscire allo scoperto. Ed è qui che si attiva la vera difficoltà: mostrarsi senza maschere, senza ruoli di comodo, senza presentazioni e slide fatte bene, ma che non dicono nulla di noi.

In ogni parola detta davanti a un pubblico – che siano tre persone o trecento – si annida una domanda implicita: chi sei tu mentre stai parlando?

La voce diventa la lente attraverso cui passa il tuo brand umano, il tuo posizionamento professionale, la tua capacità di generare impatto. E no, non si costruisce imparando 10 trucchi da TEDx.

 

Molti confondono il parlare bene con il dire tutto senza errori. Ma il vero impatto non nasce dalla perfezione, parte dalla connessione. Un pubblico non vuole una macchina che recita, ma una persona vera che parla con loro.

Parla come se fosse una conversazione con qualcuno che stimi, non preparare uno script rigido, ma una struttura mobile: punti chiave, esempi, storie vere, una direzione chiara e spazio per la vita che accade.

Connettere, non convincere: costruisci relazioni vive

Guardare il pubblico fa paura, ma cambia tutto se non guardi per cercare approvazione, bensì per connetterti.

  • Muoviti nello spazio, non per scaricare tensione, ma per espandere presenza.
  • Racconta storie personali che riflettano qualcosa di universale.
  • Fai domande. Coinvolgi. Lascia entrare chi hai davanti.

Non c’è bisogno di essere perfetti: serve essere disponibili alla relazione.

Una voce, tante sfumature: moltiplica il tuo impatto

Una voce monocorde, anche con contenuti brillanti, non tiene l’attenzione.
Una voce autentica, invece, è uno strumento musicale.

Allena la tua vocalità a variare ritmo, volume, tono.
Non per sembrare teatrale, ma per risuonare con ciò che stai dicendo.

“Parlare è un gesto. E ogni gesto dice qualcosa di noi.”

Allenamento creativo:
Prova a leggere ad alta voce un tuo testo professionale come se fosse una poesia.

Poi simula di raccontarlo a un’amica.

Infine, registrati mentre ne parli come se stessi scrivendo una lettera.

Ascolta le differenze. Dove sei più verə?

Il public speaking è un atto di posizionamento 

Parlare in pubblico, per chi gestisce un team, lavora in proprio o è in transizione professionale, è molto più di una competenza: è un atto strategico di posizionamento.

Quando parli – in un evento, alla tua squadra, a un colloquio, o in una live su Instagram – stai costruendo il modo in cui il tuo brand viene percepito.

Un percorso di coaching può aiutarti a:

  • trovare la tua voce autentica
  • rendere coerente il modo in cui ti presenti con chi sei davvero
  • allenarti a comunicare con sicurezza, anche nelle situazioni più delicate

Perché la voce è una forma di leadership. E tu puoi imparare a esercitarla con efficacia e grazia.

Prima di parlare, fai questo esercizio (di centratura)

  1. Siediti o stai in piedi, in una posizione comoda.
  2. Chiudi gli occhi.
  3. Visualizza una persona che stimi profondamente, mentre ti ascolta con attenzione e curiosità.
  4. Respira.
  5. Esprimi le prime frasi del tuo discorso come se fossi di fronte a lei.

Non serve altro per partire da te.

Lascia una traccia, non solo un applauso

Chiudere un discorso non significa solo ringraziare, è un’occasione per aprire qualcosa: una domanda, una riflessione, un invito.

Molti si concentrano sul modo in cui iniziare un discorso, e ci sta. Però poi è importante chiedersi anche come finirlo.
Nella chiusura si gioca l’effetto finale, quel momento in cui si decide se ciò che hai detto verrà dimenticato in pochi minuti o continuerà a lavorare dentro chi ti ha ascoltato.

Chiudere un intervento non è un atto formale è una soglia: il punto in cui smetti di parlare e inizi a farti ricordare.

Una chiusura efficace non serve a concludere un discorso, ma a lasciare uno spazio aperto, fertile, attivo. Non un bel riassunto, ma un seme. Qualcosa che il pubblico possa portarsi via, non solo in testa, ma anche nelle scelte future.

Come si lascia una traccia?

  • Chiudi con una domanda che sposta lo sguardo verso l’interno. Che non dà risposte, ma accende movimento.
  • Evita le formule vuote: ringraziare è cortese, ma da solo non lascia impatto. Ringrazia con senso, concludendo con un’intenzione chiara.
  • Non cercare di stupire. Cerca di attivare. Anche con parole semplici. Anche con un silenzio.
  • Ricordati cosa stai offrendo davvero: non un contenuto, ma un punto di vista, una presenza, un’esperienza. Lasciali con qualcosa che li riporti a sé stessi, non a te.

Una buona chiusura è quella che non chiude, ma continua a parlare in chi ascolta, anche dopo che la tua voce si è spenta.

 

Vuoi allenarti con me?

Se vuoi portare più autenticità nella tua comunicazione, se senti che è arrivato il momento di parlare con più coraggio, più direzione, più te stessa/o, il coaching individuale può aiutarti.

Lavoreremo insieme sulla tua voce, sul tuo messaggio, sul tuo posizionamento.
Per farti sentire pronto/a a parlare: non tremano le gambe, se hai una visione. 

Scrivimi e parliamone 🎤

 

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